La rielezione di Donald Trump promette di intensificare il già complesso rapporto tra Stati Uniti e Cina. Durante il suo primo mandato, Trump ha dato il via a una guerra commerciale con Pechino, invertendo decenni di politica statunitense che aveva favorito la cooperazione economica tra i due paesi. Ora, mentre si prepara ad assumere nuovamente la presidenza, la retorica e le sue prime decisioni lasciano intendere che adotterà un approccio ancora più duro nei confronti della Cina. Tuttavia, Pechino, pur consapevole delle sfide, non sembra temere questo rinnovato confronto.
Una retorica costante: la Cina come “nemico pubblico”
Durante la campagna elettorale e il suo primo mandato, Trump ha spesso dipinto la Cina come la causa principale dei problemi economici e sociali degli Stati Uniti. Dalle accuse di squilibrio commerciale al furto di proprietà intellettuale, passando per la responsabilità nella pandemia di COVID-19 e nella crisi degli oppioidi, Trump ha attribuito a Pechino un ruolo di antagonista globale. La sua politica è stata caratterizzata da una serie di tariffe punitive sui beni cinesi e da un discorso improntato al protezionismo economico.
Questa narrativa ha trovato terreno fertile tra i suoi sostenitori, rafforzando l’immagine di Trump come il difensore dell’economia americana contro un avversario percepito come minaccioso. Eppure, nonostante le sue azioni, il commercio tra Stati Uniti e Cina non si è mai interrotto completamente, e molti settori economici americani continuano a dipendere da importazioni e investimenti cinesi.
Pechino non teme Trump
I leader cinesi hanno imparato molto dal primo mandato di Trump e sembrano preparati a gestire la sfida. Secondo Pechino, l’approccio di Trump, sebbene aggressivo, è pragmatico e privo di una vera base ideologica. Ciò riduce il rischio di un confronto totale sul modello della Guerra Fredda. Pechino sa che Trump preferisce concentrarsi su questioni interne e sulle sue promesse elettorali piuttosto che impegnarsi in conflitti militari o ideologici a lungo termine.
Inoltre, la Cina è diventata più abile nel navigare tra le pressioni internazionali. I leader cinesi ritengono che il consenso bipartisan negli Stati Uniti contro la Cina, che caratterizza anche l’amministrazione Biden, continuerà indipendentemente da chi sia alla Casa Bianca. Per questo, Pechino ha adottato una strategia di adattamento a lungo termine, mirata a stabilizzare i rapporti bilaterali e a massimizzare i propri interessi in un contesto di competizione economica globale.
Protezionismo economico e nuove tensioni
Trump ha indicato che il suo secondo mandato vedrà un’intensificazione del protezionismo economico. Ha promesso di imporre ulteriori tariffe sui beni cinesi, limitare gli investimenti cinesi negli Stati Uniti e porre restrizioni alla cooperazione tecnologica. Ha inoltre accennato alla possibilità di ridurre il numero di studenti cinesi negli Stati Uniti, una mossa che potrebbe danneggiare le università americane ma che mira a limitare l’accesso cinese alla tecnologia avanzata.
Tuttavia, questo approccio rischia di alimentare una pericolosa spirale di ritorsioni. La Cina potrebbe rispondere con misure simili, intensificando una guerra commerciale già costosa per entrambe le economie. Inoltre, il disaccoppiamento delle catene di approvvigionamento globali potrebbe avere un impatto negativo sull’economia mondiale, spingendo altri paesi a intraprendere politiche protezionistiche.
Il ruolo degli alleati e la sfida dell’isolazionismo
Uno degli aspetti più controversi della politica estera di Trump è il suo approccio agli alleati tradizionali degli Stati Uniti. Durante il suo primo mandato, Trump ha spesso criticato i paesi europei e asiatici per il loro contributo “insufficiente” alle spese di difesa e ha mostrato una certa indifferenza verso le relazioni multilaterali. Questo atteggiamento ha spinto molti alleati americani a cercare un maggiore equilibrio nei rapporti con Pechino.
Paesi come Germania, Francia e Giappone temono che il ritorno di Trump possa indebolire ulteriormente la NATO e altri accordi di sicurezza. In questo contesto, la Cina potrebbe sfruttare l’opportunità per rafforzare la cooperazione economica con questi paesi, approfittando del vuoto lasciato dall’isolazionismo americano.
Il rischio di tensioni militari
Sebbene Trump non sembri interessato a impegnarsi in conflitti militari, la sua amministrazione potrebbe aumentare la pressione militare su Pechino, specialmente nel Mar Cinese Meridionale e nello stretto di Taiwan. Le nomine di falchi anticomunisti nel suo gabinetto, come Marco Rubio e Pete Hegseth, suggeriscono un possibile aumento della retorica bellicosa.
Tuttavia, sia Washington che Pechino hanno interesse a evitare un conflitto aperto. La Cina, concentrata sulla ripresa economica interna, non vuole che una crisi su Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale comprometta la sua stabilità. Allo stesso modo, Trump vuole passare alla storia come un presidente che ha rafforzato l’economia americana, non come uno che ha avviato nuove guerre.
Un confronto economico-tecnologico, non ideologico
La competizione tra Stati Uniti e Cina non è basata sull’ideologia, come accadeva durante la Guerra Fredda, ma sulla tecnologia e sull’economia. Entrambi i paesi sono impegnati in una lotta per l’innovazione nei settori strategici, come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori e le energie rinnovabili. Questa rivalità definirà il rapporto tra le due potenze nei prossimi anni.
Trump sembra intenzionato a spingere per il disaccoppiamento economico, ma la Cina sta già lavorando per diversificare le proprie relazioni internazionali. Se Trump adotterà un approccio eccessivamente aggressivo, rischierà di spingere gli alleati americani verso Pechino, creando un paradosso che potrebbe indebolire la posizione globale degli Stati Uniti.
Il secondo mandato di Trump potrebbe segnare una nuova fase nella competizione tra Stati Uniti e Cina, caratterizzata da un aumento delle tensioni economiche e militari. Tuttavia, Pechino appare preparata ad affrontare questa sfida, puntando sulla stabilità interna e sul rafforzamento delle proprie relazioni internazionali.
La vera incognita sarà la capacità di Trump di bilanciare le sue promesse protezionistiche con la necessità di evitare un conflitto distruttivo. In un mondo sempre più interconnesso, il confronto tra le due principali potenze economiche rischia di avere conseguenze significative per l’intera economia globale.