L’ordine esecutivo firmato da Donald Trump per combattere il “pregiudizio anticristiano” nel governo federale e la creazione di una task force dedicata alla difesa dei cristiani sollevano questioni profonde dal punto di vista ecclesiologico. Il messaggio dell’ex presidente degli Stati Uniti è chiaro: sotto l’amministrazione Biden, i cristiani sarebbero stati perseguitati e ora lui si propone come il loro difensore. Ma questa posizione è davvero coerente con il pensiero cristiano, in particolare con la dottrina cattolica post-conciliare?
Un messianismo politico senza radici teologiche
Trump non è cattolico, né si è mai distinto per una formazione teologica solida. Il suo messianismo politico, che lo porta a presentarsi come un difensore della cristianità, si basa su un’identificazione del cristianesimo con una visione conservatrice e nazionalista. Egli non difende la libertà religiosa come principio universale, ma solo quella cristiana (e in particolare dei cristiani conservatori americani), escludendo implicitamente altre fedi e perfino altri cristiani che non condividono la sua agenda politica. Questo è in netto contrasto con il magistero della Chiesa cattolica, specialmente con “Dignitatis Humanae” del Concilio Vaticano II, che afferma che la libertà religiosa è un diritto inalienabile di ogni persona, non legato a una singola confessione.
Se Trump si limitasse a denunciare le discriminazioni contro i cristiani, potrebbe trovare un punto d’incontro con la Chiesa, che condanna ogni forma di persecuzione religiosa. Tuttavia, il problema è che il suo approccio non difende la libertà religiosa nel senso autentico, ma la trasforma in una questione identitaria e politica. Questo emerge chiaramente nel suo linguaggio: parla di “muovere il cielo e la terra” per proteggere i cristiani, ma non menziona minimamente le discriminazioni contro altre fedi, né gli episodi di odio verso ebrei, musulmani o altre minoranze religiose.
Un cristianesimo selettivo e il rischio della strumentalizzazione
La Chiesa cattolica ha chiarito, soprattutto con il Decreto “Unitatis Redintegratio” e con “Fratelli Tutti”, che il cristianesimo non può essere utilizzato come strumento di divisione. Papa Francesco ha più volte ammonito contro la tentazione di ridurre la religione a un’arma ideologica, come quando ha criticato l’uso dei simboli religiosi per fini politici.
Un caso eclatante fu la famosa scena di Trump con la Bibbia in mano davanti alla St. John’s Church nel 2020, dopo aver fatto sgomberare i manifestanti con i gas lacrimogeni. Un gesto chiaramente evocativo, ma svuotato di qualsiasi riferimento al Vangelo. L’uso strumentale della religione per rafforzare un’identità politica non è nuovo: in Italia, Matteo Salvini ha esibito crocifissi e rosari nei suoi comizi, proclamandosi difensore della tradizione cristiana, pur senza esprimere alcun riferimento concreto alla dottrina sociale della Chiesa.
Dopo l’attentato di Butler Trump ha detto: “Mi sento ancora più forte”, ha continuato. “Ho creduto in Dio, ma sento, mi sento molto più forte. È successo qualcosa.” Parlando più tardi a una colazione di preghiera separata sponsorizzata da un gruppo privato in un hotel, ha osservato: “è stato Dio a salvarmi”.
Ha attirato le risate all’evento del Campidoglio quando ha espresso gratitudine per il fatto che l’episodio “non ha influenzato i miei capelli”.
Il presidente repubblicano, che è un cristiano non confessionale, ha definito la libertà religiosa “parte del fondamento della vita americana” e ha chiesto di proteggerla con “devozione assoluta”.
Trump e la sua amministrazione si sono già scontrati con i leader religiosi, tra cui lui in disaccordo con il sermone del reverendo Mariann Budde il giorno dopo la sua inaugurazione, quando ha chiesto pietà per i membri della comunità LGBTQ+ e i migranti che si trovano illegalmente nel paese.
Il vicepresidente JD Vance, che è cattolico, ha litigato con vescovi sulle questioni relative all’immigrazione. E molti membri del clero in tutto il paese sono preoccupati per la rimozione delle chiese dall’elenco delle aree sensibili, consentendo ai funzionari federali di condurre azioni di immigrazione nei luoghi di culto.
Il presidente fece scalpore alla colazione di preghiera finale durante il suo primo mandato. Quell’anno il raduno arrivò il giorno dopo che il Senato lo aveva assolto nel suo primo processo di impeachment.
Se si guarda al magistero cattolico post-Vaticano II, è evidente che la Chiesa rifiuta un approccio di questo tipo. Papa Francesco, in “Fratelli Tutti”, denuncia esplicitamente l’uso della religione per giustificare nazionalismi o divisioni tra i popoli. La Chiesa non nega che vi siano discriminazioni contro i cristiani nel mondo – basti pensare alle persecuzioni in Medio Oriente o in alcune regioni dell’Asia – ma non ammette che la difesa della fede venga ridotta a un’arma ideologica.
Una visione distorta della libertà religiosa
L’ordine esecutivo di Trump è problematico perché rischia di ridurre la libertà religiosa a un privilegio per una specifica comunità, anziché a un diritto universale. La visione cattolica della libertà religiosa, come espressa in “Dignitatis Humanae”, è molto più ampia: non si tratta solo di difendere i cristiani, ma di garantire che ogni persona possa vivere la propria fede senza coercizioni.
Le accuse rivolte all’amministrazione Biden di aver perseguitato i cristiani sembrano più un’operazione politica che una reale denuncia di violazioni sistematiche.
La vera domanda che emerge da questa vicenda è: Trump difende il cristianesimo o difende una particolare visione politica che utilizza la religione come strumento? La Chiesa cattolica, con il Vaticano II e con gli insegnamenti di Francesco, ha chiarito che la libertà religiosa non può essere selettiva e che il Vangelo non può essere piegato a logiche di potere.
In definitiva, l’ordine esecutivo di Trump non è una difesa autentica della fede cristiana, ma un’operazione politica che sfrutta il sentimento religioso per rafforzare un’identità culturale e partigiana. La Chiesa, invece, continua a indicare una strada diversa: la difesa della libertà religiosa per tutti, senza esclusioni, senza favoritismi e senza strumentalizzazioni politiche.
Trump non sa nemmeno cosa sia il cristianesimo altrimenti lo vivrebbe. La religione è solo una clava che brandisce per motivi politici contro i musulmani. Se vuole difendere il cristianesimo dovrebbe bandire le lobby dagli USA. Il problema è che si trova su quella poltrona grazie ad esse.