Con il suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump si trova in una situazione unica: non solo è presidente, ma anche imputato in molteplici casi giudiziari. Queste vicende legali sollevano interrogativi non solo sull’integrità personale di Trump, ma anche sul futuro stesso della democrazia americana. La sua amministrazione dovrà gestire, in parallelo, la guida di un Paese e la sua battaglia nei tribunali, dove è accusato di atti che vanno dal possesso illecito di documenti riservati all’interferenza elettorale.

La strategia di Trump non lascia spazio a dubbi. Ha già dichiarato di voler licenziare Jack Smith, il procuratore del Dipartimento di Giustizia responsabile delle cause federali contro di lui. Inoltre, con l’ampio potere presidenziale, potrebbe prendere provvedimenti che influenzino direttamente le sue stesse indagini, come la sospensione dei procedimenti a suo carico o addirittura l’autoconcessione del perdono.

Se la Corte Suprema, nel riconoscere un’immunità parziale ai presidenti, ha già sospeso alcuni procedimenti, come quello legato all’invasione del Campidoglio, appare evidente che le istituzioni dovranno confrontarsi con dilemmi mai visti. Una delle questioni chiave è proprio l’impatto che una tale immunità potrebbe avere su un presidente rieletto con accuse pendenti di questa portata.

A complicare il quadro c’è il fatto che la base elettorale di Trump sembra vedere questi atti non come segnali di condotta discutibile, ma come una prova del suo “martirio” politico. Molti suoi sostenitori interpretano le accuse come un tentativo di fermare un leader che rappresenta le loro istanze e sono disposti a chiudere un occhio su queste vicende legali.

Tuttavia, questo clima di supporto non può nascondere i rischi istituzionali che tale situazione comporta. Se Trump continuerà a governare senza dover rispondere delle accuse, si creerà un pericoloso precedente. Un presidente che può piegare le istituzioni a proprio vantaggio rappresenta una minaccia reale per l’equilibrio dei poteri. In altre parole, una “giustizia a due velocità” rischia di minare la credibilità della democrazia americana, che dovrebbe garantire che tutti i cittadini, compresi i presidenti, siano soggetti alla legge.

I casi contro Trump toccano questioni fondamentali per la sicurezza nazionale, la trasparenza e il rispetto delle istituzioni. Il procedimento per interferenza elettorale in Georgia, ad esempio, mostra quanto lontano un presidente possa spingersi per mantenere il potere. Lo stesso caso dei documenti riservati, archiviato da un giudice nominato dallo stesso Trump, rivela come la giustizia possa essere influenzata dalle dinamiche politiche.

Resta da vedere come Trump gestirà le sue promesse di “promesse fatte, promesse mantenute” e se userà questo mandato per consolidare il suo potere o per mantenere una linea politica più moderata. Ma il suo atteggiamento verso la giustizia suggerisce un intento chiaro: utilizzare le istituzioni a proprio favore, respingendo le accuse come attacchi politici.

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca, con i procedimenti legali in corso, non è solo una questione personale per il presidente. Si tratta di una prova cruciale per la democrazia americana, che dovrà dimostrare se può sopravvivere a una presidenza che mette in discussione il principio cardine di uguaglianza davanti alla legge. In un momento così critico, il sistema giudiziario degli Stati Uniti dovrà decidere se è disposto a difendere i suoi ideali o a soccombere alle pressioni del potere politico.