Il secondo mandato di Donald Trump è iniziato con un atto dirompente: la grazia quasi totale agli assalitori del Congresso del 6 gennaio 2021. Oltre 1.500 persone, condannate per reati che vanno dalla semplice intrusione fino alla sedizione, sono state scarcerate o hanno visto le loro pene estinte. Un gesto annunciato in campagna elettorale, ma che, ora che è diventato realtà, cambia profondamente gli equilibri della democrazia americana.

Trump ha definito il provvedimento “un atto di giustizia”, sostenendo che i processi contro gli insurrezionisti siano stati una persecuzione politica orchestrata dai democratici. Ma chi sono gli uomini che ha liberato? E quali sono le conseguenze di questa decisione?

Un colpo alla giustizia e alla sicurezza nazionale

Tra i beneficiari del provvedimento ci sono membri di spicco delle milizie di estrema destra, come i Proud Boys e gli Oath Keepers, gruppi responsabili di aver orchestrato l’assalto al Campidoglio. Tra i più noti:

• Stewart Rhodes, fondatore degli Oath Keepers, condannato a 18 anni di carcere per sedizione. Aveva accumulato armi e dato ordini espliciti ai suoi uomini per “fermare la certificazione delle elezioni”.

• Enrique Tarrio, leader dei Proud Boys, condannato a 22 anni, sebbene non fosse fisicamente presente il 6 gennaio. Aveva coordinato l’attacco da remoto, inviando istruzioni ai suoi seguaci.

• Eric Munchel, noto come “Zip Tie Guy”, che si era introdotto nell’aula del Senato armato di fascette, pronto a prendere in ostaggio i legislatori.

• David Dempsey, condannato a 20 anni per aver aggredito violentemente agenti di polizia durante l’assalto, colpendoli con barre di metallo e calci in testa.

Questi uomini non sono semplici manifestanti che hanno varcato i cancelli del Campidoglio: sono militanti addestrati, protagonisti di un attacco che ha causato cinque morti e centinaia di feriti. Eppure, ora sono liberi.

L’America dell’ordine e della legge?

La decisione di Trump segna un precedente pericoloso. Durante la campagna elettorale, l’ex presidente si è sempre presentato come il paladino della “legge e ordine”, ma con questo atto ha mandato un messaggio chiarola violenza politica è tollerata, a patto che sia dalla parte giusta.

Le reazioni della comunità delle forze dell’ordine non si sono fatte attendere. L’International Association of Chiefs of Police ha parlato di un gesto che “minaccia la sicurezza degli agenti e della nazione”. L’ex agente della polizia del Campidoglio Harry Dunn, che ha testimoniato davanti alla commissione d’inchiesta sul 6 gennaio, ha detto di sentirsi “tradito dal mio Paese”.

Se la violenza contro lo Stato viene perdonata e premiata, chi garantirà che non si ripeta? Se oggi chi ha assaltato il Congresso può uscire di prigione come un eroe, cosa impedirà domani a nuovi estremisti di provare a sovvertire la democrazia con la forza?

Il pericolo di una deriva autoritaria

La decisione di Trump non è solo un atto di clemenza. È una mossa politica, un chiaro segnale alla sua base più radicale. La grazia ai rivoltosi non è solo il punto finale della narrazione revisionista della destra americana – che ha dipinto il 6 gennaio come una “giornata d’amore” o una protesta pacifica – ma è anche un avviso per il futuro.

Con questa scelta, Trump consolida il sostegno dei gruppi paramilitari che lo vedono come il loro unico leader legittimo. Ha creato una sua guardia personale, una rete di militanti addestrati e ideologizzati pronti a mobilitarsi per lui.

Come ha sottolineato il giornalista David Neiwert, esperto di movimenti di estrema destra, il messaggio è semplice: le milizie possono agire impunemente, finché rimangono fedeli al presidente.

L’ex leader dei Proud Boys, Enrique Tarrio, ha commentato l’amnistia con parole inquietanti:

“Nei prossimi quattro anni, dobbiamo fare tutto il possibile per sistemarci per i prossimi cento anni.”

Una dichiarazione che suona come una minaccia velata, un avvertimento di possibili nuove azioni per consolidare il potere di Trump e del suo movimento.

Il rischio di nuove rivolte

L’impatto della grazia presidenziale non è solo simbolico. Cosa impedirà a questi uomini, ora liberi, di tornare ad agire?

Se il primo mandato di Trump ha visto l’assalto al Campidoglio, il secondo inizia con la riabilitazione politica degli insurrezionisti. Un segnale che potrebbe incoraggiare nuovi attacchi contro le istituzioni democratiche.

Per molti esperti, il rischio non è più solo teorico. La polarizzazione della società americana è al massimo storico, e la retorica del “noi contro di loro” alimentata da Trump potrebbe innescare nuove esplosioni di violenza.

L’America ha visto il suo Campidoglio invaso una volta. Ora si trova di fronte a una domanda cruciale: saprà evitare che accada di nuovo?