Donald Trump non governa, combatte. Non amministra, provoca. Non cerca il consenso, lo impone attraverso un rumore assordante di bugie, minacce e narrazioni distorte. E soprattutto, non si fa mai rincorrere dalla verità, la soffoca con una montagna di falsità, così alta e così rapida che è impossibile stargli dietro.
Questo è il punto centrale della sua strategia: il sovraccarico di disinformazione e la demolizione della fiducia pubblica. Una tecnica affinata in anni di presidenza, ispirata dai manuali del populismo più cinico e ora portata al livello successivo. Se il primo mandato di Trump sembrava uno strappo alla tradizione politica americana, il secondo si sta rivelando una rottura radicale, il punto di non ritorno di un sistema democratico ormai in balia di un leader che non accetta regole, limiti o istituzioni.
Un mese che sembra un secolo: l’assedio della realtà
In appena quattro settimane, Trump ha già smantellato alcuni dei pilastri della politica americana e ha lanciato una serie di attacchi senza precedenti:
• Minacce ai governatori che non eseguono i suoi ordini (come Janet Mills del Maine).
• Ammiccamenti alla teoria del complotto sulle scie chimiche, insinuando che l’aumento dei casi di autismo potrebbe dipendere da “qualcosa che abbiamo spruzzato dappertutto”.
• Attacchi frontali a Volodymyr Zelensky, definendolo un “dittatore non eletto” e insinuando che l’invasione russa dell’Ucraina sia colpa sua.
• Un post surreale su Truth Social in cui si è autoproclamato “RE” per aver revocato un pedaggio urbano a New York.
• Un video ASMR pubblicato dalla Casa Bianca che esalta la deportazione dei migranti, trasformando il dolore umano in spettacolo di propaganda.
Siamo di fronte a una politica che non distingue più tra realtà e messinscena, che fonde spettacolarizzazione e brutalità in un mix progettato per disorientare, scioccare e saturare l’attenzione pubblica.
La strategia del caos: il modello Surkov applicato agli USA
Questa non è semplice comunicazione politica. È un’arma studiata a tavolino, un metodo raffinato che Vladislav Surkov, l’architetto della propaganda russa sotto Putin, aveva perfezionato due decenni fa.
Surkov non cercava di convincere le persone di una verità, le bombardava con così tante versioni contrastanti che alla fine nessuno sapeva più cosa fosse vero e cosa no. Creava caos, manipolava la percezione, ridicolizzava la realtà, fino a rendere ogni fatto indistinguibile dalla finzione.
In Russia, questo ha permesso a Putin di distruggere l’opposizione democratica e costruire un potere che non ha bisogno di giustificarsi, perché il mondo attorno è diventato così opaco e instabile che non esiste più un’alternativa chiara.
Trump ha importato questo modello negli Stati Uniti. L’obiettivo non è solo vincere le elezioni o governare. È demolire il concetto stesso di realtà oggettiva.
Bannon lo aveva detto chiaramente nel 2018:
“Dobbiamo sommergere la stanza di merda”.
Non si tratta di convincere gli elettori, ma di confonderli, frastornarli, paralizzarli di fronte a un continuo rimescolamento di bugie, mezze verità e provocazioni.
Il risultato? Un’America in cui niente è certo, tutto è possibile, e quindi tutto è permesso.
Dall’erosione della fiducia al colpo di mano autoritario
Questa strategia sta già minando le basi della democrazia americana.
• Se la realtà è confusa, la stampa perde il suo ruolo di mediatore.
• Se la verità è relativa, la politica si trasforma in una gara di propaganda.
• Se le istituzioni vengono viste come nemiche, l’autoritarismo diventa una scelta logica per “ristabilire l’ordine”.
Ecco perché Trump non ha bisogno di un piano coerente, gli basta distruggere il senso di stabilità e di verità su cui si regge la democrazia americana.
Ed ecco perché non si può combatterlo con i tradizionali strumenti del giornalismo o della politica razionale. Non serve smontare ogni singola menzogna, perché ne arriverà un’altra prima che la precedente sia stata analizzata.
Il pericolo del terzo mandato e la deriva imperiale
Il culto della personalità attorno a Trump sta ormai assumendo contorni quasi messianici. Si parla apertamente della possibilità di un terzo mandato – incostituzionale, ma perfettamente plausibile in un’America dove ormai la Costituzione viene piegata alla volontà di chi urla più forte.
L’idea che Trump possa diventare un “Cesare americano” non è più una provocazione: è una possibilità concreta, alimentata da un movimento che non si riconosce più nelle regole della democrazia e che vuole riscriverle secondo la volontà del leader.
E mentre tutto questo accade, l’opposizione democratica è sopraffatta, disorientata, impreparata.
Il flooding the zone (sommergere lo spazio pubblico di caos) ha funzionato. Il caos è diventato normalità. E quando il caos è la norma, il potere appartiene a chi è più spregiudicato.
Fermare Trump significa fermare il crollo della verità
La vera battaglia non è contro un leader o contro una politica. È contro un metodo che sta distruggendo le fondamenta della società democratica.
Se Trump riuscirà a consolidare questa strategia, gli Stati Uniti entreranno in una fase in cui il concetto stesso di opposizione politica diventerà impossibile. La democrazia non si spegnerà con un colpo di stato, ma con un’esplosione di menzogne e manipolazioni che la renderanno irrilevante.
La domanda è: ci sarà qualcuno in grado di spegnere questo incendio prima che divori tutto?