EDITORIALE: L’arresto del presunto attentatore del 15 settembre 2024 nei pressi del Trump International Golf Club di West Palm Beach in Florida, segna un nuovo capitolo nella drammatica campagna elettorale di Donald Trump. Questo ennesimo episodio di violenza, per quanto l’ex presidente e candidato alla presidenza sia stato dichiarato al sicuro, contribuisce a consolidare una narrazione che rischia di influenzare profondamente il clima politico degli Stati Uniti.

L’F.B.I. sta ulteriormente indagando su quello che dice essere stato un altro tentativo di assassinio dell’ex presidente Donald J. Trump domenica 15 settembre 2024 nei pressi del Trump International Golf Club di West Palm Beach.

Erano le 13:30 ora locale, quando l’attentatore che aveva puntato un’arma lunga contro l’ex presidente, vistosi scoperto dai Servizi Segreti che assicurano la protezione ravvicinata a Trump è fuggito su una Nissan nera.  Sulla scena, gli investigatori hanno trovato un fucile semiautomatico con un cannocchiale e due zaini contenenti piastrelle di ceramica, appesi alla recinzione. Hanno anche trovato una videocamera e credono che il sospetto possa aver pianificato di filmare la sparatoria.

Più tardi l’attentatore è stato identificato ed arrestato. Si tratta di Ryan Wesley Routh, di 58 anni. Aveva espresso il desiderio di combattere e morire in Ucraina.

Trump era già sopravvissuto a un tentativo di assassinio il 13 luglio quando il ventenne Thomas Matthew Crooks da un tetto gli ha sparato durante un comizio a Butler, ferendolo all’orecchio destro.

Perché qualcuno vorrebbe uccidere Trump?

Prima di tutto, occorre chiedersi perché qualcuno voglia eliminare Donald Trump. L’ex presidente non è una figura politica ordinaria: ha polarizzato il Paese come pochi altri leader nella storia contemporanea. Le sue politiche su immigrazione, giustizia e economia, così come il suo linguaggio divisivo e aggressivo, hanno spaccato la società americana, creando un’enorme frattura tra i suoi sostenitori e detrattori. Dal suo ingresso sulla scena politica, Trump ha promosso una retorica che punta a identificare chiaramente “noi” contro “loro”, alimentando l’odio e la sfiducia tra le diverse fazioni del Paese.

Questa polarizzazione, ormai evidente e radicata, ha probabilmente generato l’ambiente in cui individui o gruppi estremisti possono vedere l’ex presidente come una minaccia personale o collettiva. L’odio nei confronti di Trump non si limita più a una critica politica ma, in alcuni casi, sfocia in atti estremi. L’attuale clima politico, inasprito da processi legali e procedimenti contro di lui, continua ad alzare la tensione sociale e la percezione di una lotta tra due Americhe irriducibilmente contrapposte.

Teorie complottiste e l’immagine del perseguitato

Ciò che colpisce nell’attuale campagna elettorale di Trump è come questi episodi di violenza vengano subito incanalati in una narrazione di vittimizzazione che alimenta le teorie complottiste. Ogni attentato mancato o minaccia contro Trump non fa altro che rafforzare l’idea di un grande complotto contro di lui. Questo non solo esalta la figura del “martire perseguitato” ma galvanizza la base dei suoi sostenitori, i quali vedono in queste minacce la prova tangibile che Trump è l’unico in grado di ribaltare il “sistema” corrotto che tenta in ogni modo di fermarlo.

Questa strategia di capitalizzare sugli attentati o sui tentativi di intimidazione non è nuova nella politica, ma con Trump assume una connotazione quasi messianica. Ogni attacco diventa la conferma della sua lotta contro “l’élite” e contro coloro che vogliono sabotare la sua visione di un’America rinata. La sua campagna del 2024 sembra voler spostare l’attenzione dai temi politici tradizionali per puntare su una narrazione personale: un uomo in guerra contro poteri occulti e nemici invisibili che ne vogliono la distruzione.

Dalla politica al piano personale

L’elemento forse più sorprendente è come la figura di Trump, durante questa campagna, stia evolvendo dal piano puramente politico a quello personale. Se nel 2016 e nel 2020 la sua agenda elettorale ruotava intorno a temi come la costruzione del muro al confine con il Messico, il rafforzamento dell’economia o la riforma del sistema fiscale, oggi l’ex presidente sembra sfruttare il piano emotivo più che quello programmatico.

I tentativi di attentato, come quello recente di settembre e il precedente a luglio 2024 in Pennsylvania, non solo alimentano la sua immagine di perseguitato, ma contribuiscono a creare un’aura di invincibilità e resistenza. Trump non si limita a proporre soluzioni politiche, ma si presenta come il “prescelto” da una parte dell’America, il solo capace di resistere a forze oscure che vogliono mantenere lo status quo.

Questa strategia potrebbe essere vista come una risposta alla concorrenza più serrata di quanto previsto, in particolare non da Joe Biden, ma da Kamala Harris, candidata democratica. Il confronto con Harris, inaspettatamente duro e combattuto, ha sorpreso molti analisti, che pensavano che Trump si trovasse in una posizione più sicura nei sondaggi. Di fronte a una Harris che dimostra una crescente capacità di attirare consensi, Trump potrebbe trovare più facile rifugiarsi nella narrazione della persecuzione personale, piuttosto che confrontarsi su un programma politico concreto e dettagliato.

Un effetto boomerang?

Tuttavia, c’è da chiedersi se questa strategia possa portare a un effetto boomerang. Per quanto Trump possa presentarsi come il grande perseguitato, ogni attentato fallito lo mette di fronte a un interrogativo inquietante: se è davvero così temuto e odiato, cosa ha fatto per portare il Paese a questo livello di violenza? L’uomo che ha fatto della polarizzazione la sua arma politica sta ora affrontando le conseguenze di una società americana che, divisa, rischia di implodere. Qual è il prezzo da pagare per una campagna elettorale che non offre risposte reali ai problemi di disuguaglianza, giustizia sociale e clima politico, ma si concentra su narrazioni personali e su una retorica incendiaria?

La sfida per il futuro

L’episodio del 15 settembre 2024 non deve essere visto solo come un atto isolato, ma come il sintomo di una malattia più profonda che sta dilaniando il tessuto sociale americano. Il tentativo di uccidere un ex presidente, in piena campagna elettorale, segna un’escalation pericolosa che richiede una seria riflessione sulla direzione in cui gli Stati Uniti stanno andando.

Mentre la figura di Trump continua a polarizzare e a catalizzare il dibattito politico, l’America si trova di fronte a una sfida storica: riuscirà a risolvere le sue divisioni interne o si avviterà ulteriormente in una spirale di violenza e odio? La politica, oggi più che mai, deve ritrovare il suo cuore nel dialogo e nella ricerca di soluzioni comuni, piuttosto che cedere alla tentazione di sfruttare la violenza e il caos per scopi elettorali.

In definitiva, la campagna elettorale del 2024, segnata da attacchi e complotti, rischia di trasformarsi in una tragica parabola della politica americana contemporanea, dove la figura del leader perseguitato e invincibile diventa il centro di una narrativa che, però, rischia di allontanarsi sempre più dalle reali esigenze del popolo.