Adulti e giovani verso la casa comune.
Partire dalle connessioni, dalle interpolazioni inter e trans disciplinari per cogliere la fecondità di una nuova sinfonia delle competenze, intergenerazionali e interclassiste, nel desiderio di accendere il sogno futuro di libertà e giustizia sociale.
Abbiamo bisogno di un’empatia culturale capace di unire, perché la sfida ambientale che viviamo affonda le sue radici umane nella solidarietà universale e nella fraternità cosmica.
L’umanità ha in rerum natura la capacità di valorizzare la saggezza degli anziani e il fermento dei giovani. Uno sguardo di alleanza costituzionalmente garantito dall’art. 2 della Costituzione Italiana, un dovere di solidarietà politica, economica e sociale.
In tale patto sociale e integrale, i giovani inascoltati esigono un cambiamento immediato, un passaggio di testimone, un ascolto attivo del nuovo linguaggio della vocazione all’impegno politico, per una nuova governance e una nuova polis, spes contra spem.
Nativi digitali che si domandano com’è possibile costruire una speranza di futuro senza pensare alla crisi dell’ambiente sociale e alle sofferenze degli esclusi, rifiuti di una società che fonda il potere sullo sfruttamento degli ultimi a livello interno e internazionale. E’ questa la peggiore violenza degli adulti sui giovani: privare lo spirito democratico di uno sguardo luminoso di bene dove il potere diventa servizio.
In tal senso, è senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarietà: non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi ed esperienze di vita per la custodia della speranza di futuro.
Tutto è connesso
Anziani e giovani devono co-costruire insieme la casa comune e ciò è possibile solo riflettendo intorno alle domande di senso innescate dalla sofferenza del nostro tempo, riconsiderando le intelligenze e le emozioni naturali e le suggestioni artificiali, proiezioni di una realtà effimera caratterizzata da una anestesia percettiva che annulla e sfuma la linea di confine tra il lecito e l’illecito.
Entrare in una visione olistica della quotidianità, tesa all’isonomia dei piccoli gesti, capace di considerare la semplicità di una carezza insieme alla complessità delle azioni più articolate connesse all’eucrasia umana. Il movimento è di una spirale ascendente, un incedere fecondo del pensiero ottimista che parte dalla sofferenza quotidiana dello scontro in famiglia e nella società, trasformando la tensione in energia positiva protesa all’apertura prospettica sul valore del limite, capovolgendo la prospettiva conflittuale, aprendo la porta ad una alleanza attiva tra le generazioni.
La percezione intima che l’uomo ha di se stesso è di un essere fragile ed esposto alla precarietà. Una sensazione ampliata nella contemporaneità del mondo digitale privo di emozioni, un senso di debolezza e di insicurezza, che a sua volta favorisce forme di conservatorismo ed etero direzione , egoismo collettivo degli adulti verso i giovani.
L’intelligenza artificiale estremizza il paradigma tecnocratico che vede l’uomo di oggi desideroso di essere senza limiti, artificialmente oltre se stesso, consumatore seriale delle speranze delle prossime generazioni, indolente narcisista alla conquista del territorio altrui.
Come affermato nella Lettera Enciclica Laudato Si’ “Quando le persone diventano autoreferenziali e si isolano nella loro coscienza, accrescono la propria avidità.
Più il cuore della persona è vuoto, più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare. In tale contesto non sembra possibile che qualcuno accetti che la realtà gli ponga un limite”.
Il confine esercita sempre una reale influenza nella nostra opera, nei nostri concetti, nei nostri problemi: quindi noi siamo ad un tempo attratti e respinti dal confine.
In questo orizzonte non esiste nemmeno un vero bene comune.
Se tale è il tipo di soggetto che tende a predominare in una società del paradigma antropocentrico artificialmente aumentato, le norme saranno rispettate solo nella misura in cui non contraddicano le proprie necessità.
Perciò non pensiamo solo alla possibilità di terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma anche a catastrofi derivate da crisi sociali, perché l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca.
Esiste un’etica della finitudine, un’antropologia dove l’uomo è all’altezza dei suoi limiti senza perdere alcuna infinitezza, una consapevolezza di se stessi per il solo fatto di esistere e fino a quando si esiste.
Come ricordato dal Presidente della Repubblica nel messaggio inviato al Presidente di Legambiente “Lo sfruttamento di beni comuni, lo squilibrio, l’inquinamento, le azioni fraudolente, il dissesto sono veri e propri delitti compiuti contro le generazioni di domani, e costituiscono, nell’oggi, una violenza che comprime i diritti della persona” .
Un nuovo sguardo è possibile e necessario
Possiamo ripartire dal basso per comprendere le sofferenze dei giovani del nostro tempo nella consapevolezza che il limite insegna all’uomo l’accettazione della sua condizione di creatura.
È questo il fecondo “innesco del limite”, la leva per comprendere la lettura integrale dell’uomo. Ricominciare dalla “cultura del noi”.
Riprendere il cammino valutativo, aprendo una nuova fase nel pensiero partendo dalla sensibilità costituente delle ragazze e ragazzi di ogni angolo del mondo, nessuno escluso. Nuovi problemi complessi segnati dalla transnazionalità accompagnano una crisi dell’interesse del bene comune, per la cosa pubblica.
Ciò sprona l’attività di autentico sviluppo, una diaconia istituzionale vocata alla ricerca di nuove formule di policy di prevenzione e risoluzione delle controversie e fa emergere, di conseguenza, la proposta di nuovi percorsi culturali intergenerazionali – la via della cultura -, finalizzati a riavviare il senso di una responsabilità sociale condivisa da genitori e figli a vantaggio dello sviluppo autentico della polis.