Chiara Petrolini, una giovane di 22 anni che vive a Vignale di Traversetolo, in provincia di Parma è accusata di infanticidio ed occultamento di cadavere a seguito del ritrovamento nel giardino della sua abitazione di due corpi di neonati, presumibilmente nati in momenti diversi. I fatti risalgono al 9 agosto 2024, quando è stato rinvenuto il corpo di un primo neonato, seguito successivamente dal ritrovamento di un secondo corpo.

Questa tragedia ci porta a riflettere su diversi aspetti inquietanti della nostra società. La capacità della ragazza di condurre una “doppia vita”, lavorando come baby-sitter e mostrando una facciata apparentemente normale, ci mette di fronte alla cruda realtà dell’isolamento emotivo e dell’incapacità di molte persone di chiedere aiuto anche quando stanno vivendo drammi inimmaginabili.

Come può una ragazza nascondere due gravidanze, partorire e seppellire i neonati senza che nessuno si accorga del suo disagio? È chiaro che la società, in questo caso, non è stata in grado di offrire un ambiente sicuro in cui una giovane in difficoltà potesse esprimere la propria sofferenza.

“Siamo di fronte a un fatto drammatico che suscita veramente sgomento per due bambini che non hanno potuto vedere il mondo dopo aver visto la luce; sgomento per il fidanzato che si è trovato a rinunciare per ben due volte alla paternità”, ha detto il procuratore capo della Procura di Parma Alfonso D’Avino, intervenendo in conferenza stampa questa mattina.

Il contesto in cui è cresciuta Chiara gioca un ruolo determinante. Vivere in una piccola comunità come quella di Vignale di Traversetolo, dove la pressione sociale e le aspettative possono essere molto forti, potrebbe aver acuito la sua paura di essere giudicata. Questo timore, combinato con l’assenza di dialogo e supporto da parte di chi le stava intorno, può averla spinta a vivere le gravidanze come un problema insormontabile, da gestire nell’ombra.

Le domande che emergono sono molteplici. Il silenzio attorno a queste vicende indica una profonda disconnessione sociale, in cui i legami familiari e amicali non riescono più a svolgere il loro ruolo di sostegno e prevenzione. Che ruolo hanno giocato la vergogna, la paura del giudizio o forse l’incapacità di accettare le proprie responsabilità? Certamente, la questione si collega anche all’insufficienza di servizi di supporto psicologico accessibili e a una cultura che ancora stigmatizza la maternità non pianificata.

Questo dramma ci obbliga anche a chiederci se vi sia una carenza di consapevolezza nella comunità. Il fatto che Chiara lavorasse a stretto contatto con bambini rende ancora più evidente la difficoltà di rilevare segnali di disagio, anche in contesti apparentemente familiari come quello del lavoro quotidiano. Nessuno ha notato i cambiamenti fisici o emotivi che la giovane deve aver attraversato durante le gravidanze? La sua capacità di mascherare tutto questo ci pone davanti a una riflessione sulla superficialità con cui, spesso, osserviamo chi ci circonda.

Chiara Petrolini sembra incarnare da un lato il profilo di una giovane donna che ha vissuto in una profonda solitudine psicologica, disconnessa dalla realtà e incapace di chiedere aiuto. La mancanza di un supporto psicologico, la paura del giudizio e l’incapacità di affrontare il trauma possono averla condotta su una strada di negazione e dissociazione, con tragiche conseguenze. 

La sua capacità di mantenere una “doppia vita”, lavorando come baby-sitter e mostrando normalità nella vita quotidiana, suggerisce la presenza di meccanismi dissociativi. La dissociazione è una condizione in cui una persona può separare gli eventi traumatici dalla propria coscienza, permettendole di continuare a funzionare in modo apparentemente normale. Questo spiega come Chiara abbia potuto prendersi cura dei bambini di altre famiglie, mentre nella sua vita privata viveva un dramma nascosto e inaccettabile.

Un altro elemento inquietante è che la prima gravidanza era stata indotta prematuramente per permettere alla ragazza di effettuare un viaggio negli USA con il fidanzato senza l’impedimento del bambino.

Dalle indagini degli inquirenti risulta che Chiara Petrolini abbia più volte ricercato sul web il modo con il quale occultare la gravidanza e sopprimere il feto. La giovane donna non ha mai voluto sottoporsi a un accompagnamento prenatale evidenziando un disegno omicida premeditato che oggi l’hanno portata alla custodia cautelare in attesa del processo.

Dagli interrogatori e i dati incrociati, i genitori e il fidanzato di Chiara sembrano per ora che fossero davvero ignari delle gravidanze e dei parti, tanto che il fidanzato pensa costituirsi parte lesa in giudizio.

Di sicuro in famiglia non si è risusciti a intercettare il vissuto reale della giovane a causa della campana di vetro di quel mondo virtuale rischia di sostituirsi alla vita reale confondendo per macabro gioco un delitto reale perpetrato senza empatia ed emozioni come in un videogame.

Questo caso rappresenta un monito. La società ha bisogno di diventare più sensibile, attenta ai segnali di difficoltà e meno giudicante. Dobbiamo lavorare per creare ambienti in cui chi soffre possa trovare la forza di chiedere aiuto senza temere l’isolamento o il rifiuto. Forse, in questo modo, tragedie come quella di Traversetolo potrebbero essere evitate in futuro.