Port-au-Prince: Una delle missioni più pericolose nella storia delle forze di pace sta per iniziare, non in un paese in guerra nel senso classico del termine, ma in un territorio dove la violenza è dominata dalle bande criminali: Haiti.
L’Operazione e le Sfide Logistiche
Un migliaio di poliziotti keniani, seguiti da duemila beninesi e da contingenti ridotti provenienti da altre isole caraibiche, sono attesi nei prossimi giorni a Port-au-Prince. La missione, coordinata dalle Nazioni Unite, mira a supportare una polizia locale ormai allo stremo. Tuttavia, giungere nella capitale haitiana è già di per sé una sfida: l’aeroporto internazionale è chiuso ai voli commerciali da febbraio, le bande bloccano l’accesso al porto e le strade sono presidiate da uomini armati.
Supporto internazionale e risorse finanziarie
Nonostante la preparazione meticolosa della missione, le risorse sembrano insufficienti rispetto alla gravità della situazione. Gli Stati Uniti e il Canada hanno scelto di non inviare truppe, limitandosi a finanziare l’operazione con 300 milioni di dollari stanziati dalla Casa Bianca. Il presidente keniano William Ruto è atteso a Washington il 23 maggio, in concomitanza con l’invio dei suoi uomini. Nel frattempo, voli militari statunitensi hanno consegnato il materiale necessario per l’operazione di polizia internazionale.
La Situazione a Port-au-Prince
Gli agenti africani e caraibici andranno a rafforzare la piccola forza di polizia haitiana, composta da poche migliaia di agenti che lottano per mantenere un minimo di ordine in una città dove circa l’80% del territorio è controllato da bande criminali. Questi gruppi agiscono nella più totale impunità, commettendo omicidi, stupri e furti. Lo scorso gennaio furono rapite e poi rilasciate per ottenere un riscatto, sei religiose. Il mese successivo, il vescovo della capitale, Mons. Pierre André Dumas fu vittima di un attentato esplosivo non letale. Nonostante un embargo dell’ONU sulle armi, il contrabbando dalla Florida continua a rifornire i criminali di armi.
La Crisi Politica
La crisi haitiana è peggiorata a luglio 2021 con l’omicidio del presidente Jovenel Moïse. Il primo ministro ad interim Ariel Henry ha ricoperto l’incarico fino alle sue dimissioni lo scorso 25 aprile, quando è stato sostituito da un consiglio di transizione incaricato di organizzare le elezioni. Prima di poter procedere con le elezioni, sarà però necessario riprendere il controllo della capitale e ristabilire la sicurezza. L’esperto dell’ONU per Haiti, William O’Neil, ha recentemente descritto lo stato haitiano come un “fantasma”.
Le radici culturali e il simbolismo dell’aiuto africano
Perché l’Africa? Haiti ha un significato particolare nell’immaginario africano, essendo stata la prima repubblica nera della storia moderna sin dall’indipendenza nel 1804. Il Benin, in particolare, condivide con Haiti una cultura portata dagli schiavi dal golfo di Guinea, una cultura ricca di tradizioni yoruba, le cui divinità sono ancora venerate su entrambe le sponde dell’Atlantico.
L’idea che i poliziotti africani vadano in aiuto dei loro lontani cugini caraibici, discendenti degli schiavi, ha un forte impatto emotivo. Tuttavia, questo simbolismo non garantisce il successo della missione, che appare complessa e rischiosa. Dopo numerosi interventi internazionali fallimentari, questa operazione sembra una missione impossibile.
Speranze e Realtà
Nel fine settimana, durante il festival Étonnants voyageurs di Saint-Malo in Francia, il famoso scrittore haitiano Lyonel Trouillot non ha potuto lasciare Port-au-Prince. In un’intervista con Le Monde, ha descritto una situazione drammatica: “Sento il rumore delle pallottole, vedo cadaveri e detriti per strada. Vedo anche persone diventate esperte nell’arte di arrangiarsi per sopravvivere a questa disgrazia”.
Per il bene degli haitiani, si spera che i poliziotti africani possano avere successo nella loro missione e non finiscano travolti dalla stessa disgrazia descritta da Trouillot.