La proposta di introdurre una norma che protegga gli agenti delle forze dell’ordine da iscrizioni immediate nel registro degli indagati durante l’esercizio delle loro funzioni solleva interrogativi di estrema importanza per uno Stato di diritto. Da un lato, c’è la necessità di tutelare chi agisce per garantire la sicurezza pubblica; dall’altro, il rischio di scivolare in un sistema che potrebbe propiziare abusi e minare i principi di uguaglianza davanti alla legge.
Il precedente degli Stati Uniti: una lezione da evitare
Gli episodi di violenza e abuso di potere da parte delle forze dell’ordine negli Stati Uniti, in particolare contro la popolazione nera, sono un monito. Il sistema americano, con norme che spesso garantiscono una quasi immunità agli agenti, ha creato una realtà in cui la fiducia nelle istituzioni è crollata in ampie fasce della popolazione. L’omicidio di George Floyd nel 2020 e molti altri casi analoghi hanno dimostrato come uno scudo penale indiscriminato possa trasformarsi in un incentivo implicito a comportamenti violenti e sproporzionati.
L’Italia, per tradizione e civiltà giuridica, si distingue da questo approccio. Il nostro Paese ha costruito un sistema basato sul rispetto della dignità umana e sull’addestramento professionale delle forze dell’ordine, come dimostra la massima delle forze speciali dei Carabinieri: “Più sudore, meno sangue”. Questa filosofia sottolinea che l’addestramento, il rispetto dei protocolli e l’uso di strumenti adeguati possono evitare spargimenti di sangue e proteggere tanto i cittadini quanto gli stessi operatori della sicurezza.
Un equilibrio necessario: tra tutela e responsabilità
L’intenzione del governo di introdurre una norma che superi l’automatismo tra atti urgenti e iscrizione nel registro degli indagati nasce da un caso concreto: un carabiniere che, intervenendo a Capodanno contro un uomo armato di coltello, si è trovato sotto indagine per atto dovuto. Questo ha sollevato un problema reale: come proteggere chi agisce in situazioni di emergenza senza però derogare ai principi fondamentali della giustizia?
Una soluzione potrebbe essere una “iscrizione ritardata” in casi specifici, con una valutazione preliminare che distingua chiaramente tra l’esercizio legittimo delle funzioni e eventuali abusi. Tuttavia, è essenziale mantenere un controllo rigoroso per evitare che questa misura diventi una scappatoia per giustificare comportamenti inappropriati o eccessivi.
Un rischio per la giustizia e per la fiducia pubblica
Uno scudo penale totale per le forze dell’ordine metterebbe a rischio il delicato equilibrio tra autorità e cittadinanza. L’opposizione e associazioni come Antigone avvertono che una norma del genere potrebbe sfociare in abusi, trasformando l’Italia in un paese dove la legge non è più uguale per tutti, ma privilegia chi esercita un potere. In uno Stato di diritto, il principio fondamentale è che chi è investito di autorità deve rispondere dei propri atti, proprio perché ha una responsabilità maggiore.
Il modello italiano come esempio di civiltà
L’Italia, con il suo approccio centrato sull’addestramento e sul rispetto dei diritti, rappresenta un modello di civiltà che non deve essere abbandonato. L’immunità indiscriminata è una scorciatoia che rischia di compromettere la credibilità delle forze dell’ordine e di alimentare tensioni sociali, come avvenuto in altri contesti internazionali. Garantire serenità a chi opera per la sicurezza pubblica non significa rinunciare al controllo e alla trasparenza, ma investire in formazione, equipaggiamento e protocolli chiari.
Una norma per il bene comune
La sfida è complessa, ma non impossibile. Una norma garantista che tuteli gli agenti in situazioni specifiche, senza creare un sistema di impunità, è una strada percorribile. Tuttavia, ogni passo deve essere guidato dal principio che la legge è e deve restare uguale per tutti. Solo così si potrà mantenere quel legame di fiducia tra le istituzioni e i cittadini, senza scivolare verso il Far West ma rimanendo un esempio di civiltà giuridica e sociale.
Bisogna stare molto attenti… La legge è uguale per tutti. Basterebbe dotare i poliziotti di body-cam e applicare il corretto protocollo. Azzerare tutto e dare alle forze dell’ordine un potere assoluto è pericolosissimo in uno Stato di diritto e in una democrazia. Si vuole forse restaurare l’OVRA?
L’OVRA non si limitava alla repressione diretta, ma contribuiva a diffondere un clima di paura e controllo. Il sospetto di essere sorvegliati dissuadeva molte persone dal manifestare opinioni contrarie al regime.
Certo che questo Governo se le cerca…