Oggi il presidente Joe Biden, 81 anni, ha scosso il panorama politico americano annunciando il ritiro dalla corsa per un secondo mandato presidenziale. Questa decisione, presa in risposta alla crescente pressione interna al Partito Democratico, ha aperto la strada alla vicepresidente Kamala Harris come candidata del partito. 

Nessun presidente in carica aveva mai abbandonato una corsa elettorale così tardivamente nel ciclo elettorale, trasformando la prossima convention democratica in un evento cruciale per definire il futuro del partito e del paese. 

La performance disastrosa di Biden nel recente dibattito contro Trump ha accelerato questa decisione, alimentando preoccupazioni sulla sua capacità di governare. La sua età e le condizioni di salute declinanti hanno spinto i leader democratici a cercare un’alternativa più giovane e dinamica. 

Per Kamala Harris, il passaggio di testimone rappresenta una sfida seria. Ha poco più di 100 giorni a disposizione per consolidare il sostegno all’interno del partito e affermarsi come una leader nazionale credibile per guadagnarsi la fiducia dei delegati democratici. Sebbene inizialmente forte grazie all’appoggio di Biden e al ritiro di potenziali rivali, la sua candidatura dovrà affrontare un inevitabile scrutinio pubblico e politico.

Biden sta per lasciare la presidenza facendosi ricordare a livello interno per il pacchetto di aiuti Covid da 1,7 trilioni di dollari e un programma da 1 trilione di dollari per le infrastrutture. Ha nominato Ketanji Brown Jackson come la prima donna nera alla Corte Suprema e ha diversificato significativamente la Banca Federale. Sul fronte internazionale più controversa la scelta di rinforzare la NATO e sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa.

Kamala Harris è una californiana classe 1964. È stata procuratore generale e poi senatrice per la California, prima di coprire il ruolo di Vice Presidente di Biden dal 2021.

È abortista convinta, promotrice di giustizia ambientale e razziale. Harris ha promosso le politiche economiche dell’amministrazione Biden. Ha lavorato per affrontare le cause profonde della migrazione dall’America Latina, come la povertà e la violenza nei paesi d’origine dei migranti. Ha sostenuto un accordo bipartisan sulla sicurezza delle frontiere e ha sottolineato la necessità di riformare il sistema di immigrazione degli Stati Uniti.Ha chiesto un “immediato cessate il fuoco” a Gaza e ha descritto la situazione come una “catastrofe umanitaria”. Ha sottolineato la necessità di eliminare la minaccia di Hamas per il popolo di Israele e ha sostenuto una soluzione a due stati per il conflitto israelo-palestinese.

Il suo successo è improbabile, ma più probabile era il fallimento di Biden e di questo non si parla più. I calcoli politici sono sempre molto imprecisi. Non c’è un attore onnisciente che possa calcolare tutto questo a proprio vantaggio, ma una moltitudine di attori che intervengono in questo vortice diabolico della politica, più caotico oggi che mai, per far sorridere la fortuna a loro al momento giusto.